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mercoledì 30 novembre 2011

Vittima delle emozioni

"Mi fai davvero soffrire tanto", "mi spezzi il cuore"," Mi farai morire di dolore!". Tre ritornelli della medesima solfa: la nostra infelicità deriva dall'altro, i nostri sentimenti sono dettati dal comportamento altrui.In questo modo non possiamo farci nulla e siamo costretti a subire, cosa che, per definizione, rappresenta il vittimismo.
"Mi innervosisci!": ecco una frase così banale da non suscitare solitamente più alcuna reazione. Tuttavia, questa frase traduce l'idea che la mia emozione sia la conseguenza del comportamento dell'altro, il quale ne diventa quindi responsabile. E' per questo motivo che tutte le scuole di comunicazione raccomandano l'uso dei messaggi -io. "Mi innervosisco quando fai così".
"Mi costringi ad essere geloso", gioiellino della manipolazione: non solo chi si esprime così non si assume la responsabilità della propria gelosia, ma fa anche credere all'altro di essere costretto a reagire in questo modo.
Una vera vittima che quasi attira simpatia!
Questa serie di esempi illustra fino a che punto il vittimismo si intrufoli in maniera insidiosa nelle nostra vita quotidiana. In sintesi ogni volta che non mi assumo le mie responsabilità mi presento come una vittima. Così facendo, perdo il potere di azione che mi permetterebbe di cambiare le cose attorno a me. Divento impotente!"
(tratto da "Responsabile si, colpevole no!" di Yves-Alexandre Thalmann Ed . Il punto di incontro, pag. 47/48)
Perché la manipolazione nelle relazioni interpersonali passa sempre più spesso attraverso il vittimismo? Non è forse vero che non c'è carnefice dove non c'è chi è disposto ad esserne la vittima?
Dice un antico proverbio toscano che "Dove non è malizia non è peccato", ma perché questo bisogno di "colpa" a tutti i costi, spinge la manipolazione dei rapporti tra le persone a voler per forza vedere la malizia dove c'è solo l'ingenuità!
Un consiglio, riguardate ogni tanto "Forrest Gump"

martedì 29 novembre 2011

La parola fine ed il suicidio di Lucio Magri

Qualche mese fa, ad aprile, è uscito un piccolo volumetto dal titolo "La parola fine", si tratta del "diario del suicidio", così come recita il sottotitolo, della giornalista Roberta Tatafiore.
Suicidio meticolosamente preparato, annunciato alle persone più intime e risolutamente messo in atto.
Oggi apprendiamo di un altro suicidio eccellente avvenuto quasi con le stesse modalità, quello di Lucio Magri mitica figura della sinistra italiana.
I suicidi di personaggi pubblici che hanno fatto scalpore e colpito l'opinione pubblica ce ne sono tantissimi, una semplice ricerca su google ci conduce a più di un sito che elenca storicamente da Marco Antonio ai giorni nostri una carrellata di volti noti, di personaggi simbolo che hanno deciso di...andarsene. Chi avrebbe pensato, ad esempio, che il giovane scrittore americano David F. Wallace, all'apice della sua carriera, si sarebbe suicidato?
Ma cosa spinge ad un lucido suicidio?
Forse si sceglie di spegnere la luce quando vengono meno gli ideali, i valori, le illusioni.
In un bellissimo articolo su "la Repubblica" Simonetta Fiori racconta di come Magri dopo la morte della moglie, dopo il fallimento della sua idea politica avesse deciso che non valesse più la pena di vivere.
Già, cos'è che ci tiene in vita?
Cosa ci permette nonostante gli affanni sempre maggiori della vita quotidiana che sia giunto il momento di spegnere la luce. E' molto difficile dirlo perché in un epoca nella quale i valori sono sempre meno stabili, un epoca che ci riserva solo incertezze e pochi entusiasmi, pochi ideali, il confine che ci separa dalla voglia di spegnere la luce diventa sempre più labile, sempre meno netto.
Esistono i suicidi d'impeto, di chi si lancia dalla finestra o di chi si spara un colpo di pistola, ma esistono anche i suicidi"ragionati", che diventano un rovello, una presenza costante nella mente, un'idea che ti accompagna lungo il corso della giornata, suadente, a volte carezzevole, facendoti pensare che è venuto il momento di dire basta.
Quando, da bambini, non avevamo più voglia di giocare ci bastava dire basta, buttare i giocattoli per aria ed andare via, il gioco si sarebbe potuto ripetere tutto di nuovo e poi di nuovo, con nuove regole, nuovi personaggi, snodi diversi delle storie che ci raccontavamo. Nella vita non è così. Nella vita se sbagli, il più delle volte non puoi rimediare, se rimani solo, spesso, sei destinato a rimanerlo per sempre, se il tuo amore non è corrisposto non puoi cambiare la trama della storia. Ed allora la voglia di spegnere la luce inizia a fare capolino, a crescere, prima silenziosa e poi sempre più alta, sempre più presente, sino a prendere tutto te stesso e il tuo modo di pensare.
Me ne vado, può essere una soluzione. Se mi rendo conto di non farcela, di non farcela più, si può socchiudere la porta ed uscire...
E non è giusto pensare al suicidio come ad un atto di vigliaccheria, per suicidarsi, ci vuole molto coraggio e come ci raccontano le storie dei suicidi eccellenti che giungono alla ribalta della cronaca anche molta determinazione e molta perseveranza. Leggete "La parola fine" di Roberta Tatafiore, piccolo gioiello sottovalutato per rendervene conto.

Complicità e Collusione.


La complicità ha in psicologia una accezione differente da quella giuridica, due fratelli possono essere complici in senso positivo, due rapinatori,no.
In alcuni ambiti la complicità è incoraggiata e vista come un aspetto positivo delle relazioni, nella psicologia della coppia si tende a dare molta importanza alla complicità che esiste tra i coniugi.
La collusione viceversa ha un connotato più negativo in quanto viene definita come una “intesa clandestina”, in psicologia come una cooperazione inconscia atta a raggiungere un certo risultato che può essere del tutto inconsapevole.
Quand’è che nella nostra vita siamo complici e quando collusi......?
E verso cosa dovremmo predisporci, verso la complicità o la collusione, ovvero cosa "salva" i nostri rapporti, la complicità o la collusione?

lunedì 28 novembre 2011

Affettività e comportamenti autodistruttivi


Un articolo su ‘La Lettura” del Corriere della sera di ieri 27 novembre, pone l’accento su quanto “in periodi di crisi come quello attuale aumenta la diffusione delle patologie di alienazione ludica”.
In questi ultimi anni abbiamo assistito ad una escalation di giochi che a lungo andare diventano giochi d’azzardo, vedi i vari Gratta e Vinci o il Superenalotto che promette vincite milionarie. Nell’articolo si mettono ben in evidenza i correlati neurofisiologici del gioco d’azzardo compulsivo (GAP), con un anomala attivazione dell’amigdala ed una alterato equilibrio dei neurotrasmettitori, soprattutto della dopamina.
Ma il passaggio più interessante è quando l’autore (Sandro Modeo) parla delle possibilità terapeutiche :
 “...Un simile vincolo neurobiologico (che può aprire nuovi fronti terapeutici) non deve indurre ad atteggiamenti discriminatori (perchè in  molti soggetti la predisposizione è favorita da un deficit ambientale di istruzione ed educazione affettiva), nè assolutori perchè in troppi non si rendono conto di essere complici (oltre che vittime) di un “sistema” (auto)distruttivo.”
Il contesto affettivo, dunque, prima che socio-culturale dovrebbe farci riflettere su questi comportamenti. Ovvero quanto la carenza affettiva, la mancanza di coesione e di intimità nella coppia, nella famiglia, così come si sta strutturando nella nostra società, favoriscono comportamenti autodistruttivi.

domenica 27 novembre 2011

E se....l’impensabile diventasse realtà?



E se davvero si realizzassero le previsioni più pessimistiche sull’euro?
Se davvero l’euro dovesse fare default, come dicono gli esperti, ovvero fallire?
Molti studi hanno messo in evidenza la nostra incapacità a fare semplici calcoli finanziari quando veniamo posti di fronte a banali calcoli finanziari che finiscono per diventare dilemmi o labirinti della nostra mente dalla quale non sappiamo più uscirne (Matteo Motterlini, Economia emotiva, Rizzoli). Lo sanno bene i commercianti che adottano una serie di tattiche volte più a confondere che a rendere consapevoli gli acquirenti. Vedi gli arrotondamenti a 99 centesimi per farci percepire un prezzo differente. 1,99 è praticamente eguale a 2,00, ma quanti cartelli vengono esposti con questo trucco percettivo? 
E questo è solo uno dei più banali.
La caduta dell’euro avrebbe, a livello individuale, ripercussioni  fortissime sulla nostra percezione del denaro e del suo potere d’acquisto. Basta pensare a quante persone ancora oggi fanno riferimento alla lira per capire l’ordine di grandezza di ciò che acquistano.
In ogni modo il fallimento dell’euro sarebbe in qualche modo, una “risposta” del capitalismo alla caduta del muro di Berlino. 
Fatti, in qualche modo opinabili e forse non condivisibili. 
Ma quello che è importante capire è che nelle nostre vite può accadere di tutto, che l’impensabile può diventare realtà, come l’11 settembre ed il crollo delle torri gemelle o come la seconda luna nel bellissimo libro di Murakami Haruki IQ84,Einaudi.
E...se domani nelle nostra vita spuntasse la seconda luna, se domani l’impensabile diventasse improvvisamente realtà?
E’ già successo e può accadere di nuovo...



sabato 26 novembre 2011

Saper dire di NO !


Perché nella nostra vita è così difficile dire di no?
E’ più facile essere accondiscendenti, dire di si, compiacere l’interlocutore, eppure si sta facendo strada nella nostra cultura l’idea che non solo è possibile dire di no , ma è anche necessario.
C’è un libro “Negoziare in situazioni difficili” di William Ury, nel quale è ben spiegato come il conflitto può diventare un momento di conoscenza e di crescita comune al quale se ne aggiunge un altro, dal titolo più impegnativo “Il no positivo”. Accanto a questi libri mettere, in ogni caso,  il “Trattato di funambolismo” di Philippe Petit, famoso funambolo…in fondo nella vita non camminiamo sempre su una corda tesa?

venerdì 25 novembre 2011

Identità liquide che non si incontrano.

Quanto incidono le cose che gli altri dicono di noi sulla percezione che abbiamo di noi stessi?
Siamo quello che pensiamo di essere o "diventiamo" quello che gli altri pensano di noi?
Dove si situa la nostra identità, quali sono i confini all'interno della quale riusciamo a contenerla?
Ci sono questi confini?
Un esempio di identità liquida come direbbe Baumann è ben descritta nel libro Middlesex di Euganides.
Ma in questo mondo liquido, per dirla alla Bauman cosa protegge la nostra identità più profonda?
Le violazioni continue alle quali siamo sottoposti sono molte e spesso difficili da sostenere, dai giudizi sferzanti che servono sicuramente di più a chi li formula, al non sentirsi riconosciuti nei più vari contesti sociali, ai valori che ci hanno formato e che oggi hanno perso molto del loro significato originario e così via, potremmo citare molti esempi.
Troppo spesso la nostra identità è percepita in una funzione strumentale dell'altro, in una sua necessità dettata dal contesto e dai bisogni.
Troppo spesso nelle nostre vite le comunicazioni avvengono tra identità virtuali, con un alto indice di "liquidità" e destinate spesso a non incontrarsi mai......

mercoledì 16 novembre 2011

Il modo di risolvere il problema della vita è vivere in modo da far scomparire il problema. L. Wittengstein Pensieri diversi

Qualcuno potrebbe dire che la vita non esiste,che viviamo un periodo di tempo talmente infinitesimale rispetto all'eternità,totalmente incalcolabile che qualunque problema non ha senso.
Eppure i problemi esistono ed esistono pure i modi per nasconderceli. Vedi l'esempio citato da Adam Phillips nell''Arte della Fuga' ed. Ponte alle grazie, nel quale racconta di una bambina che per nascondersi agli altri mette le mani davanti agli occhi, se lei non vede il mondo, il mondo non vede lei...quante volte facciamo questo 'gioco' nel corso della nostra vita?

La Resilienza Familiare


La Resilienza Familiare.
la reslienza è un concetto relativamente recente in psicologia. Se ne parla molto per esempio in psicologia dello sport. Si riferisce alla capacità di trasformare o di riorganizzare in maniera positiva gli avvenimenti traumatici della vita. Ma sta assumendo recentemente un significato quasi ubiquitario per cui si parla di reslienza di impresa, resilienza nell’adolescente.
Di resilienza ne parla molto Froma Walsh nel suo bel libro intitolato appunto “ La resilienza familiare” ed. Cortina.
Vorrei citare solo due concetti che mi sembrano esemplari, non solo per chi si occupa professionalmente della terapia della famiglia , ma, penso,anche per tutti quelli che una famigia ce l’hanno !
La Walsh dice”...Uno di questi miti consiste nell’idea che le famiglie sane sono quelle nelle quali non esistono problemi....tale concezione, ci induce ad abbracciare l’assunto erroneo secondo cui qualsiasi problema è sintomo o conseguenza di un contesto familiare disfunzionale”. o ancora “..il conflitto ed il cambiamento sono parte della vita di una famiglia. Una crisi può costringerci ad affinare le nostre abilità e le nostre risorse.”
Insomma la crisi della coppia della famiglia, se impostata in maniera corretta può essere una risorsa, può indurre cambiamenti ed aprire prospettive nuove, indurre “pensieri nuovi”. Le famiglie che riescono a superare momenti di crisi sono quelle che hanno affrontato le crisi come opportunità di crescita e di cambiamento.
Pensiamo per un attimo a forme di resilienza estrema come quella mostrata dai prigionieri nei campi di concentramento o ad un poetico esempio di resilienza come quello del protagonista interpretato da Benigni nella “Vita è bella”.
Forse dovremmo pensare di più alle opportunità che gli avvenimenti negativi della vita ci prospettano, c’è una proposizione della Programmazione Neurolinguistica che dice che nella vita non esistono fallimenti ma solo insegnamenti per migliorarci...

domenica 6 novembre 2011

Il male oscuro di Guido Ceronetti

Oggi un interessante articolo di Guido Ceronetti sul Corriere della sera ci parla del Male Oscuro, inteso quest'ultimo come LA sindrome depressiva per eccellenza, quella cioè ubquitaria che forse tutti proviamo nella vita. Gia diversi anni fa l'Organizzazione Mondiale per la Sanità (l'OMS) definì la depressione come la pandemia del nuovo millennio.
Gli aspetti più interessanti dell'articolo di Ceronetti mi sembrano quelli di mettere in relazione la depressione, la sua diffusione con i cambiamenti improvvisi, repentini della nostra società, cambiamenti ai quali non eravamo preparati ed ai quali non sappiamo rispondere.
Interessante è l'episodio che Ceronetti cita e che riporto integralmente.
'Ma a un convegno di circa cinquecento giovani Carlo Petrini, ponendo la domanda < Chi di voi sarebbe disposto a dedicarsi ai lavori agricoli?>, ebbe in risposta due alzate di mano.
Ma più interessante in sembra un altro passo, quando dice:
'Chi si rassegna è perduto...Soltanto la rivolta non la rassegnazione, apre spiragli di speranza. Perché l'uomo è fatto per l'azione, c'è azione anche nella meditazione, nella preghiera, nel mantra propiziatorio.'


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martedì 1 novembre 2011

E' un momento nel quale i pazienti usano il 30%,40% del tempo della loro seduta a cercare di mettere a fuoco i loro problemi economici, a cercare di capire cosa sta succedendo...
Il bombardamento mediatico fa il resto.
Ma il danaro cosa significa nelle nostre vite?
E di cosa parliamo in psicoterapia quando parliamo di danaro?