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lunedì 1 marzo 2010

Medici e Burn out

La sindrome del Burn out è probabilmente la più diffusa e sottovalutata sofferenza psichica.
Il Burn out è probabilmente sempre esistito ed una delle categorie professionali nella quale si è comiciato ad identificarla è quella dei sacerdoti. Successivamente si è cominciato a parlare di Burn out un pò per tutte le categorie professionali, facendola divenire una sorta di pandemia. In parte i limiti della sindrome si sono dilatati, dall‘altra non possiamo non tenere presente il particolare momento storico e sociale che stiamo vivendo.
Il lavoro è diventato profondamente diverso, abbiamo assistito in tutti i campi a cambiamenti che non eravamo preparati ad affrontare. Il Burn out classico è quello del medico, generalmente intorno ai cinquant‘anni, ma anche prima, che si sente, dopo diversi anni di professione, svuotato, depresso, poco motivato. All‘entusiasmo dei primi annni di professione si sostituisce la frustrazione di una routine spesso frustrante. All‘onnipotenza della medicina vissuta durante gli studi e nei primi anni di professione si sostituisce la delusione per una serie di fallimenti diagnostici e terapeutici inevitabili. Spesso alla fine in molte categorie di medici all‘idea onnipotente della guarigione, si sostituisce l‘idea dell‘accompagnamento alla morte dei presagi di malattia e della fine della vita che devono essere comunicati ai pazienti. Dal‘altra parte soprattutto i medici più disponibili, più empatici con le problematiche psicologiche del paziente sono quelli maggiormente assediati da richiesta continue di sostegno, che non sono più solo di carattere medico-terapeutico, ma che si trasformano nella richiesta di un sostegno psicologico. Ma spesso tale sostegno è richiesto proprio a quelle figure professionali che sono maggiormente “logorate“ dal quotidiano contatto con patologie che avvicinano alla morte o a gravi patologie che minano fortemente l‘identità del paziente.  Il contatto continuo con questo tipo di realtà mette spesso in condizione gli operatori sanitari, i medici di andare incontro ad un gradiente di patologie che vanno da larvate forme di depressione sino ad un vero e proprio rifiuto del proprio lavoro. Basta pensare, per esempio, a chi lavora nel campo della oncologia pediatrica ed è a contatto quotidiano con bambini destinati a morire e a genitori destinati a perdere i propri figli. Oppure ai medici di base che sono in continuo contatto con pazienti anziani che inevitabilmente gli trasmettono l‘idea della deperibilità del corpo, della preoccupazione per la salute,della inevitabilità della morte. Ma gli esempi potrebbero essere moltissimi, per quanto riguarda i medici forse è importante dire questo: anche i medici possono stare male, e quando accade è importante prenderne atto e... fare qualcosa per se stessi, per le persone che amiamo e per i nostri stessi pazienti!

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